Prosegue anche in questa domenica l’insegnamento di Gesù sullo stile che i suoi discepoli devono far proprio, mentre camminano in questa vita. Gesù propone tre coppie di elementi contrapposti: discepolo-maestro; pagliuzza-trave; albero-frutti. Egli mette in guardia da tre “tarli” che possono rendere vacillante ogni relazione, anche quelle della comunità dei suoi discepoli.
Il primo “tarlo” è quello della presunzione: ritenere cioè di essere superiori agli altri e di voler dismettere i panni del discepoli che con umiltà mette in discussione se stesso e si lascia condurre dal maestro per assumere invece le vesti dello stesso maestro, di chi cioè pretende di insegnare agli altri e di guidarli sulle proprie vie. Ci sono alcuni che senza alcun mandato si ergono a guide di altri. Cadranno in un fosso prima o poi – come dice Gesù – perchè sono ciechi che vogliono guidare altri ciechi. Anche Pietro aveva preteso di insegnare a Gesù come fare il Messia e si sentì dire con forza da Gesù: “Satana, ritorna dietro a me”. La presunzione ci trasforma da discepoli in satana, in divisori e accusatori. La conversione possibile è rimetterci in carreggiata con il Vangelo.
Il secondo “tarlo” è quello del giudizio: ritenere cioè di essere detentori della Verità per brandirla contro gli altri. Con molta facilità chi si lascia attaccare da questo tarlo prenderà la parola per giudicare gli altri, per infangare l’operato dell’altro, per screditarlo agli occhi degli altri. Puoi togliere “la pagliuzza dall’occhio” del fratello solo dopo aver fatto seriamente un cammino di vera conversione ed aver tolto la “trave” del tuo occhio. E chi fa seriamente un cammino di conversione, riconoscendo di essere anch’egli peccatore graziato, si fa misericordioso con il fratello, non sbandierando ai quattro venti le sue fragilità.
Il terzo “tarlo” è quello dell’apparenza: mostrare cioè agli altri un volto d’angelo, mentre nel cuore si coltivano sentimenti e progetti diabolico. È il frutto di una schizofrenia radicata nel cuore: una cosa solo le intenzioni, altra cosa è il volto che mostro agli altri. Gesù, rivolgendosi a persone di questo genere, li apostrofa come “sepolcri imbiancati”. È l’atteggiamento di tanti uomini religiosi che mostrano pubblicamente atteggiamenti religiosi, ma poi lontano dagli occhi agiscono e parlano come persone senza Dio. Dice oggi Gesù: “L’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda”. Non le parole, le dichiarazioni, le confessioni e neanche la preghiera bastano per dire l’autenticità della sequela di Gesù, ma occorre guardare al comportamento, ai frutti delle azioni compiute dal discepolo (cfr. E. Bianchi).