2ª domenica di Quaresima anno C

In questa seconda domenica diQuaresima la liturgia ci fa contemplare ogni anno l’evento della trasfigurazione di Gesù sul monte. In un momento di scoraggiamento per i discepoli – avevano, infatti, saputo da Gesù, poco prima, della sua sorte a Gerusalemme – il Maestro li conduce con sé sul monte a pregare e qui rivela il suo volto, la sua identità più profonda, la sua gloria, mostrando così che il suo “esodo” attraverso la morte lo porterà alla risurrezione. A sostegno di questa rivelazione egli chiama in causa Mosè (la legge) ed Elia (i profeti), cioè l’Antico Testamento, che già preannunciava la sorte del Messia sofferente, ma vittorioso, e la voce del Padre che risuona per i discepoli intimoriti è un imperativo, un invito chiaro a fidarsi di quel Maestro, del Figlio eletto, ad ascoltare la sua parola, ad accogliere il suo Vangelo.

Questo evento della trasfigurazione, anticipazione e prefigurazione della Risurrezione, è anche per noi, che abbiamo conosciuto il Risorto e viviamo nella sua luce, (è per noi) motivo di speranza. Noi siamo uomini e donne di speranza perché e quando teniamo fisso lo sguardo e il cuore su Cristo che ha vinto la morte e il male. La nostra speranza ha le sue radici in Cristo risorto e vittorioso. E proprio perché riponiamo in Lui la nostra speranza, noi ci affatichiamo e lottiamo ogni giorno per trasformare la nostra vita e il nostro mondo a somiglianza del progetto di Dio. Tanti sono gli ambiti della vita personale e comunitaria su cui intervenire come uomini e donne che per la speranza in Cristo vivano la differenza cristiana. Tre ambiti mi sembrano urgenti.

Un primo ambito è quello dell’odio. È recente l’episodio di strage in Nuova Zelanda, dove in due moschee un uomo ha sparato all’impazzata uccidendo 50 persone che pregavano, ma altrettanto llrecente è quello avvenuto a Parigi. Sono fatti gravi e che generano un’eco smisurata: forse ci fanno indignare o ci scoraggiano, forse ci mettono in guardia rispetto ad una cultura dell’odio che non è circoscrivibile a questi eventi ma che serpeggia nel cuore e nella mente dei più, nella quotidianità. Smantellare questa cultura dell’odio è urgente compito di chi vive della speranza di Cristo, cominciando a trasformare linguaggi, reazioni, atteggiamenti che ritroviamo anche in noi.

Un secondo ambito è quello dell’ambiente. La grande manifestazione pacifica dei giovani di tutto il mondo, promossa dalla piccola Greta, ha lasciato tutti sbalorditi e sconcertati, ammirati e incoraggiati. Non può rimanere, però, un fatto circoscritto ad un giorno, a qualche ora. Non è difficile riempire le piazze di giovani, ma è una vera sfida far partire da quelle piazze un nuovo stile di vita ecosostenibile che i giovani per primi vivano nel loro piccolo. E noi cristiani, uomini e donne di speranza, oggi più che mai, siamo chiamati a vivere facendo scelte controcorrenti perché l’attenzione al creato sia sempre più centrale nelle nostre prassi quotidiane.

Un ultimo ambito è quello della comunità. La chiusura nel privato, il culto del particolarismo, l’autoreferenzialità del gruppo sono il fenomeno più ricorrente oggi ad ogni livello: da quello famigliare a quello parrocchiale, a quello nazionale, a quello continentale. Assistiamo quasi ad una morte del senso di comunità, intesa questa come opportunità di uscita dai propri egoismi, dalle proprie recinzioni, dal proprio nido caldo. Gli uomini e le donne della speranza si battono perché una nuova cultura comunitaria riemerga e si riaffermi, certi che la vera crescita sta non nel chiudersi, nell’isolarsi, ma nel mettere in circolo risorse, dati, risultati, nel condividere e nel camminare insieme con altri, anche se diversi. Non isole felici, ma vie e ponti di comunicazione e di scambio.

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