4ª domenica “per annum” – C



Sia la prima lettura che il Vangelo di questa domenica mettono in evidenza il tema del “rifiuto“ dell’inviato di Dio. Gesù nella sinagoga di Nazaret, dove l’abbiamo lasciato domenica scorsa, si confronta con un duplice e contrastante atteggiamento da parte dei suoi compaesani. Dapprima questi “gli rendevano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca“, cioè apprezzavano e riconoscevano che Gesù è ricolmo di una grazia particolare, della grazia divina e profetica; dall’altra, però, subito dopo, “furono pieni di sdegno… Lo cacciarono fuori della città… per gettarlo giù dal precipizio“. Sembra quasi un’anticipazione di quello che avverrà, dopo qualche anno, a Gerusalemme: dapprima lo osanneranno come Figlio di David e poi grideranno il “crucifige“.

Che cosa scatena nei Nazaretani questo cambio di “umore“? Dalla meraviglia allo sdegno? Sono le parole di Gesù! Egli non si lascia trarre in inganno dagli applausi e dagli entusiasmi della prima ora e denuncia piuttosto il vero motivo dello stupore degli astanti. Essi cercano dei segni, dei prodigi: “Quanto abbiamo udito che accade al Cafarnao, fallo anche qui, nella tua patria“. È l’entusiasmo, dunque, di chi si aspetta e pretende che Dio faccia quello che si desidera. È la pretesa solita dell’uomo che vuole un dio a proprio uso e consumo. Gesù non accetta questo “uso“ di Dio e del suo profeta e con la sua parola smaschera e annuncia che nessun segno egli opererà là dove si chiede con pretesa. Anche in passato Dio aveva rifiutato di compiere i suoi prodigi in terra d’Israele per rivolgersi ai pagani (la vedova di Zarepta e Naaman il Siro).

Gesù, dunque, viene rifiutato dai suoi, come in passato erano stati rifiutati i profeti, e tra questi in particolare il profeta Geremia. Gesù, tuttavia, nonostante il rifiuto, non cede, “non si spaventa alla loro vista”, sa che, pur se “gli muoveranno guerra, non lo vinceranno”, perché Dio suo Padre “è con lui per salvarlo”.

Il rifiuto dei nazaretani non è un incidente di percorso. È un elemento che contraddistingue tutto il ministero, anzi di più, tutta la vita di Gesù. Sarà accolto ma anche rifiutato: e la croce sarà l’apice di tale rifiuto. Il rifiuto, dunque, appartiene al Vangelo, all’annuncio del regno, perché spesso cozza e stride con le logiche del mondo. E chi segue la via del Vangelo deve mettere in conto sicuramente la gioia di vedere sbocciare il fiore dell’umanità nuova, ma anche persecuzioni, rifiuti, tradimenti, abbandoni. L’importante è non cedere, non spaventarsi, non fuggire e non perché amiamo farci uccidere, per un amore masochistico del martirio, ma perché crediamo nella vittoria dell’amore, che “tutto sopporta“.

I cristiani, oggi, vivono nel mondo e nella società e non sempre sono apprezzati, anzi vengono presi di mira e denigrarti e disprezzati per il Vangelo della vita, della giustizia, della pace, dell’accoglienza che testimoniano con la loro vita. Pensate a quanta avversione genera la difesa della vita dal concepimento fino al suo naturale tramonto, pensate a quanta ridicolizzazione suscita ’annuncio del primato della persona, del lavoratore, della famiglia sul profitto. Pensate a quale rifiuto vanno incontro lo stile dell’accoglienza verso gli stranieri oppure la giustizia sociale come metro per organizzare la vita civile oppure il primato della pace. Dirà Gesù: “Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi“, ma “non temete, io ho vinto il mondo“.

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