23ª DOMENICA “per annum” – B

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Sono poche le parole della lingua parlata da Gesù che i Vangeli, scritti in greco, ci riportano. In questa domenica ne ascoltiamo una, molto particolare: “Effatà“, cioè “Apriti!”. È una parola particolare a tal punto che la Chiesa, sin dall’antichità e ancora oggi, ha voluto inserire durante la celebrazione del battesimo il rito dell’Effatà, che si compie come fece Gesù toccando le orecchie e la bocca del battezzato perché, dice il rito, “possa ascoltare presto la Sua parola e professare la tua fede, a lode e gloria di Dio Padre“.

Ora l’appello di Gesù rivolto a quel sordomuto è un appello che egli rivolge anche a noi oggi affinché tutta la nostra vita sia in atteggiamento di disponibile apertura. A chi dobbiamo aprirci? Anzitutto a Dio! Non basta che ci siamo aperti una volta al Signore, ma è necessario che ogni giorno si rinnovi l’apertura a lui. Non è scontato questo, ne è un’operazione semplice, soprattutto perché oggi viviamo “etsi Deus non daretur”, cioè come se Dio non ci fosse. E dire questo significa dire che non abbiamo Dio quale orizzonte valutativo della vita e tendiamo a viverla riconoscendo solo in noi la “misura” di tutto. Accogliere l’invito di Gesù ad aprirci, e ad aprirci a Dio, è scegliere di guardare le cose, la vita e gli altri da un’altra prospettiva, quella di Dio, quella del Vangelo.

Ma l’appello di Gesù ci spinge anche ad aprirsi all’altro, il fratello che mi è accanto. L’altro non mi può essere indifferente, perché come scriveva il grande filosofo neo-ebraico Emmanuel Levinas: “Io sono nella sola misura in cui sono responsabile dell’altro“, anche dell’altro che è nemico, che è diverso, che è straniero. È davvero urgente per noi, oggi soprattutto, che coltiviamo l’attenzione all’altro, al di là delle sue capacità, delle sue qualità, dei suoi errori, della sua piacevolezza: in questo dimostreremo di saper amare nella gratuità.

Ancora un altro livello mi sembra sottolineare il brano biblico. Di Gesù la gente dice “ha fatto bene ogni cosa“: il complimento riguarda quello che Gesù ha fatto per il sordomuto e, attraverso lui, per tutti quelli che vivono come scarti della società. La cosa buona e fatta bene da Gesù è il suo servizio a favore dell’uomo. Siamo dunque provocati anche noi all’apertura al servizio. Molti temono di aprirsi al servizio, pensano di sottrarre tempo, energie, occasioni a sé e ai propri progetti e dimenticano il centuplo promesso da Cristo.

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